ATENE
Poesie di K. P. Traboini
Vivo ad
Atene, in questa città stragrande
dove il cuscino del
presente s'appoggia all'antico
e non invidio né Roma né Parigi
nemmeno le città più a Nord di Inghilterra.
Monto i
vecchi trolley come cavalli stanchi,
che si trascinano per la strada stridendo,
e per pochi minuti raggiungo "Zapio"
dove i tassisti stanchi ululano come sciacalli.
Se mi gira
di sentire l'odore di souvlaki,
l'aspro sapore della birra o i calamari freschi
vado al Pireo da "Tavernaki",
e poi, se ne ho voglia davvero,
fino a Kesariani’ arrivo, o a Kolonaki vado a stare
contento come al Settimo Cielo.
Se voglio il
mondo raccogliere in una scatola
come in un numero di magia di zigane belle,
e di vedere degli zar le medaglie,
o la faccia del
disgraziato di Lenin,
faccio una corsa a Monastiraki
dove si fa il mercato senza frontiere.
Lassu vedo
facce nuove di gente mediterranea
che non sanno da dove vengono e dove vanno
ma quanto somigliano a facce a me conosciute,
e la mia faccia, di sicuro, alle loro somiglierà.
E sto a
meditare mentre tracanno la birra fresca
quella che gli ateniesi "prassino" chiamano,
ma mi interrompe il padrone del locale, zio Ghiani:
"Kalimera, kirie Niko. Einai fresko.
Ti riempio un'altra ancora?" Ma che diavolo!
Va bene, Ghianaki,
riempila! Etsi einai pazari, afentiko'.
E di nuovo i pensieri come torrenti vanno:
"Non pentirti perché vivi in questa città,
che soffri l'insonnia, in molti lo fanno."
Sempre ad
Atene mi sorgono domande strane
che con i nazionalismi legami non hanno,
ne con la sapienza, i soldi o l'avarizia dei padroni;
sorge invece l'antico enigma
del perché le
bionde Elene sono tutte belle?
E in quale
posto può sorgermi questa domanda
se non ad Atene, nel quartiere della Plaka
dove il sole senza nessun "adia" o permesso
va a dormire nell'Olimpo
e le stelle scendono sopra il Partenone.
Non mi
pento, no. Io amo Atene.
Testarda bella e formosa
come una donna.
Alle porte dell'Acropoli, al tramonto, un uomo
mi appare come il fantasma di Diogene con la lampada...
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